L’acquetta. Un (non) concentrato di cultura contadina

21-12-2023

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È la prima volta che mi trovo a raccontare di qualcosa che si beve, ma non si può comprare. Mi chiedo se non sia pretenzioso condividere un’esperienza non immediatamente ripetibile e, normalmente, risponderei di sì, ma non è questo il caso. La gastronomia non è solo ristorazione, ma anche cultura, tradizione e sapore, e nell’acquetta questi “ingredienti” si esprimono sfacciatamente; quindi, vale la pena raccontare il mio incontro con questa strana bevanda.

Il vino è semplicità (mai banale), scoperta e allegria. E sapere qualcosa di vino ha senso solo se aiuta a rendere ancora più profonda l’esperienza che se ne fa, non ci sono soglie d’accesso. L’acquetta può aiutare ad abbattere queste inutili barriere.

Se il vino, come tutto il cibo, rispecchia un mondo di relazioni che si esprimono anche nel sapore, andare alla ricerca di rapporti così autentici e nascosti è una tentazione alla quale non consiglierei di resistere. Come scrive Mario Soldati nel suo straordinario Vino al vino (giustamente citato anche da Melilli) talvolta è ancora valida “una grande legge dell’Italia: che, da noi, tutto ciò che ha un titolo, un nome, una pubblicità, vale in ogni caso molto meno di tutto ciò che è ignoto, nascosto, individuale”.

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